La
lingua, la storia, la tradizione degli istroromeni di cav.
dott. Ervino Curtis
[Tratto da: © Ervino Curtis, "La lingua, la storia,
le tradizioni degli istroromeni", L'Istrorumeno - La lingua, la
cultura, la storia - Parliamo per salvarlo, Associazione di
Amicizia Italo-Romena Decebal, Trieste / Carta Europea delle Lingue
Regionali o Minoritarie, Strasburgo 5 novembre 1992. p. 6-13.]
Il concetto di "isola latina nei Balcani"
è normalmente applicato alla Romania, poichè essa rappresenta l'entità
culturale e politica più rilevante della latinità nell'Est Europa. In
realtà ci sono altre 3 "isole" di latinità che rappresentano anche le
tre zone dove sono parlati i tre dialetti della lingua Romena: il
meglenoromeno a nord di Salonicco; l'aromeno in Macedonia, Epiro e
Tessaglia; l'istroromeno in Istria [1].
Come già ho trattato in occasione del mio
intervento durante il convegno sulle Letterature di Frontiera
dell'Università di Trieste nel 1992 [2],
la frammentazione del mondo latino ha generato anche queste exclavi di
popolazioni romene che hanno tutte una loro storia diversa, ma che tutte
ora rappresentano delle minoranze linguistiche e culturali in contesti
di egemonia di lingue e culture diverse da quella neolatina o romanza,
di cui fanno parte.
Ora però voglio trattare in particolare
una di queste minoranze, la più piccola e la meno conosciuta ma non per
questo la meno importante: quella degli istroromeni.
Ma cos'è una minoranza? Il Dizionario
della lingua italiana Devoto - Oli descrive: "Gruppo di cittadini che
nell'interno di uno Stato si distinguono per il ceppo etnico e
culturale, la religione o la lingua" [3].
Mentre la lingua è descritta, dagli
stessi autori: "Insieme di convenzioni (fonetiche e morfologiche
rispetto alla forma, sintattiche e lessicali, rispetto al significato)
necessarie per la comunicazione orale e l'espressione scritta fra i
singoli appartenenti ad una comunità etnica, politica, sociale,
consacrate dalla storia, dal prestigio degli autori, dal consenso dei
componenti della comunità che a esso dà il nome" [4].
Nel caso degli istroromeni queste
definizioni sono estremamente importanti poichè, come si vedrà in
seguito, essi rappresentano sicuramente una entità linguistica e
culturale, pur essendo molto meno rappresentativi di una minoranza
etnica in senso completo. L'istroromeno infatti è una lingua consacrata
dalla storia e dal consenso dei componenti della comunità, pur non
avendo una tradizione letteraria.
Dopo questa premessa vuole ora passare ad
una trattazione più dettagliata della Storia e della realtà degli
Istroromeni, che si svolge in quei Balcani dove tante culture e popoli
si sono incontrati e scontrati nei millenni passati e dove ogni
comunità, grande o piccola, conserva in se le testimonianze di uomini
che sono riusciti a tramandare fino ai giorni nostri la loro dignità, la
I loro cultura, la loro storia.
Come detto precedentemente, la
frammentazione del mondo latino tra occidente ed oriente, in seguito
alle invasioni cosiddette "barbariche", generò, nei Balcani, molte
"isole" liguistiche-culturali e non sempre le popolazioni riuscirono a
mantenere la lingua e la cultura che Roma aveva esportato.
Le vicissitudini storico-politiche
infatti portarono questi latini orientali a continui esodi nel sud-est
europeo al fine di ricercare dei siti più sicuri per la loro esistenza.
Voglio ricordare che con il termine
"vlahi" erano indicate tutte le popolazioni di origine latina e pertanto
sia gli antenati dei "romeni orientali", che quelli dei cosiddetti
"romeni occidentali", come li definì il Puscariu, furoni chiamati
"vlahi" dai popoli non latini [5].
In seguito queste popolazioni diventarono
in Dacoromania i valacchi e nel sud ovest balcanico morovlah (latini
neri), mavrovalah ed infine morlac, i morlacchi [6].
I "Vlahi" li troviamo anche tra i cosiddetti "Uscocchi", che nel
linguaggio slavo significa profugo, tra i quali si ritrovano elementi
slavi ed elementi romeni che assieme cercavano di sfuggire alla
dominazione turca nei Balcani [7].
Le prime attestazioni di presenze di nomi
di probabile origine romena in Dalmazia, si trovano in documenti del
1018 e del 1070 dove vengono citati tali: "Danulus" e "Negulus" [8].
Un documento importante che attesta la
presenza dei romeni occidentali fino al Friuli, è 1'inventario, datato
il 1181, che viene fatto dalla Badessa Ermelinda sulle proprietà del suo
monastero nel patriarcato di Aquileia, dove alcune terre sono date ai
coloni: Murunt, Radul e Singurel, nomi questi di sicura origine romena [9].
Nei secoli successivi si trovano sempre
più frequenti documentazioni che testimoniano la presenza di Valacchi e
di Morlacchi, i quali arrivano fmo alle località sul mare Adriatico,
molto spesso per scambiare i loro prodotti della pastorizia con il sale
[10].
Nel XIV sec. ci sono pastori "Vlahi"
nelle vicinanze di Spalato, Traù, Sebenico, Zara ed anche nelle isole di
Arbe e Pago [11].
Nel 1321 risultano insediamenti di
"Vlahi" sull'isola di
Veglia [12].
Nel 1329 troviamo "Vlahi" a
Pinguente in
Istria [13]. Dagli Atti
del Senato di Venezia risulta che dal XV sec. i veneziani favorirono gli
insediamenti di popolazioni Valacche nei loro territori dalmati e li
denominano: Morlacchi [14].
Nel 1449 ci sono lnsediamenti di Valacchi
a Buie d'Istria [15].
Nel 1463 Giovanni Frangipani dall'isola
di Veglia trasferisce i propri coloni Morlacchi nella zona di
Castelmuschio [16].
La dignità delle tradizioni e della
storia di questi Morlacchi vengono affermati con i 23 articoli del
"Diritto valacco" (Vlasko pravo) del 18 marzo 1436 con il quale Giovanni
Frangipani riconosce a queste popolazioni una serie di privilegi ed
autonomie [17].
Dopo lo spopolamento dell 'Istria
determinato dalla disastrosa invasione degli Ungheresi del 1412 e le
terribili pestilenze degli anni 1427, 1437, 1465 e 1466 molti profughi
romeni, morlacchi ed uscocchi, in concomitanza con l'avanzata dei Turchi
nei Balcani, riparano nella penisola istriana [18].
Le documentazioni, ora molto precise,
attestano una molteplicità di insediamenti di popolazioni che vengono
denominate morlacche, valacche ed uscocche durante il XVI sec. in quasi
tutte le località interne dell'Istria con particolare densità nelle zone
di Seiane e Mune e nella zona sotto il
Monte Maggiore a
Valdarsa [19].
A questo punto nei documenti ritroviamo
una nuova denominazione per le popolazioni vlahe e morlacche insediatesi
in Istria quella dei Cicci. Tale nome deriva probabilmente dalla parola
slava cic e cica che significa zio. Nel 1329 in un documento si trova
citato il "Vlaho" Pasculus Chichio a
Pinguente [20].
Come popolazione, i Cicci appaiono però
per la prima volta in un documento del 1463. Così infatti vengono
definiti i Morlacchi provenienti da
Veglia [21].
Anche nel territorio di Trieste già nel
1490 e poi successivamente nel 1500, 1510, 1516, 1517, 1523 appaiono
citati i Cicci in documenti che si trovano presso l'Archivio della
città, ricordati dal
Kandler, e relativi al problema degli incendi che
sono provocati dallo stanziamento in bivacco dei Cicci sull'altipiano.
Documento del 1524 in cui si attesta
che i Commissari e Riformatori dell'Arciduca d'Austria danno
dispozioni ai Reggitori di Trieste in merito agli Statuti, a
provvedimenti contro i Cicci, al conio di monete. (Clicca per
ingrandire.) |
Gli stessi sono detti "inutiles omnino
sunt et non arant" (sono del tutto inutili e non arano) "Civitas
Tergestina haberet maximam penuriam lignorum ab igne" (la città di
Trieste ha grandissima mancanza di legna da ardere) "et territorio
tergestinulli amplius non possunt deteriorare" (non possono deteriorare
di più il territorio triestino" - Chichiis et Murlachis qui non sunt
amasati aut terrena non habent in territorio tergesti - il fatto che se
ne parli per tanti anni presuppone però che il problema non sia stato
debellato [22].
Infatti la permanenza nel territorio di
Trieste dei Cicci è ancora rilevata da fra'
Ireneo della Croce nel 1698
quali abitanti di Opicina, Trebiciano, Gropada ed altri territori
triestini [23].
Successivamente sono detti Cicci
solamente gli abitanti di Mune e
Seiane, mentre acquisiscono il nome di
Ciribiri quelli di
Monte Maggiore, definizione, questa seconda, che
deriva probabilmente dalla loro parlata (cine bine) [24].
Questi insediamenti valacchi che, come
abbiamo visto, si erano realizzati nel Friuli Venezia Giulia ed Istria
in diversi momenti, tramite diversi itinerari e con una diversa
intensità, dopo il 1700, conservano la propria identità culturale di
lingua e di tradizioni di origine romena, solamente nei due luoghi dove
si sono stabiliti in maggiore numero: nei territori di
Seiane e
Valdarsa.
La loro esistenza come comunità si basava
soprattutto sulle attività dell'allevamento del bestiame, della
pastorizia e dell'agricoltura, ed inoltre sulla produzione del carbone,
derivato dalla macerazione del legname, che veniva venduto anche in
città molto lontane. Dalla seconda metà del 1700 e per un lungo periodo,
rilevante, per l'economia degli istroromeni, fù il commercio dell'aceto
che essi acquistavano da varie località istriane e rivendevano, grazie
ad una patente ricevuta da Maria Teresa, nell'ambito di tutto l'impero
asburgico[25].
|
Un brano tratto dalla
Historia di Trieste di Fra'
Ireneo della Croce. (Clicca per
ingrandire) |
Questi romeni occidentali, grazie
alI'esperienza acquisita dalla loro più tradizionale occupazione della
pastorizia che gli aveva portati con i loro greggi, per il fenomeno
della transumanza, attraverso i Balcani, svolsero anche nel passato,
importanti funzioni economiche e sociali, come quella
dell'organizzazione del trasporto con le carovane, attraverso le infide
strade balcaniche, di merci proprie come lana e latte o di merci che
venivano scambiate tra gli abitanti della costa adriatica con quelli
dell'interno [26].
Una parte di romeni occidentali è
ricordata anche quale uomini d'armi, questo ruolo ebbero infatti i
coloni morlacchi che Giovanni Frangipani traferì da
Veglia ai suoi
possedimenti di terraferma [27].
Il condottiero del principe Valacco
Michele il Valoroso, Baba Novac, ritenuto un valacco della Bosnia, portò
al suo seguito nella lotta contro i Turchi, a cavallo dei secoli XVI e
XVII, un esercito di 6.000 uomini di cui facevano parte anche morlacchi
[28].
Forse il più famoso morlacco fu Gaspare
Gratiani che, dopo essere stato alla corte del Sultano, divenne signore
della Moldavia negli anni 1619-1620 [29].
In termini più negativi sono ricordati i
Cicci e Morlacchi in altre cronache e documenti relativi all'ordine
pubblico. Infatti il contrasto tra la ricchezza dei territori
circostanti e la loro povertà ed anche la loro stessa origine latina
rafforzata dalla durezza di pastori nomadi, portò alcuni di loro al
brigantaggio. Particolarmente intenso divenne tale fenomeno tra la fine
del 1700 e l'inizio del 1800. Periodo che peraltro coincise con un
momento storico particolarmente difficile per l'Europa, quando le guerre
la sconvolsero portando dappertutto miseria, fame, disordine e
delinquenza [30].
Il fatto che la Cicceria diventò, dopo la
pace di Presburgo (1805), la terra di confine tra il Regno d'Italia
napoleonico e l'Austria favorì le scorrerie dei Cicci, sia per quanto
riguarda operazioni di contrabbando che per quanto riguarda l'impunità
dei reati che venivano commessi in Austria rifugiandosi poi nel Regno
italico, sempre tra le comunità affini [31].
Dopo la sconfitta dell'Austria e la
completa dominazione francese sulla zona, una pesante repressione
poliziesca francese nel 1810 pose fine a tale fenomeno [32].
È importante la notazione del
Kandler su
questo problema di ordine pubblico: "l'educazione del popolo abbandonato
del tutto, il promuoverne l'economia, sarebbe stato il miglior modo, che
il terrore disgiunto da giustizia" [33].
Con il 1800 entriamo in Europa in una
nuova atmosfera culturale e politica, determinata dal romanticismo che
afferma il culto delle tradizioni e del patrimonio spirituale dei
singoli popoli. Da qui comincia anche l'interesse degli studiosi e dei
letterati per il problema della lingua e della cultura istroromena. Già
nel 1819 il sacerdote Ivan Feretic pubblica un articolo intitolato:
Sulla lingua italiana, vegliota e valacca a
Veglia [34].
Nel 1825 Nicolò Udina degli Algarotti
trascrive due preghiere vegliotoromene [35].
Il Loewenthal nel 1840 nota le
concordanze tra la lingua parlata a
Valdarsa e la lingua romena [36].
Il primo però a cui va il merito di aver attratto l'attenzione degli
uomini di scienza sulle prove della discendenza romena degli abitanti di
Valdarsa è
Antonio Covaz nel 1846 con la pubblicazione, sulla gazzetta:
"L'Istria", del suo studio "Dei
Rimgliani o Vlahi d'Istria" [37].
Successivamente
Pietro Kandler [38]
e
Carlo de Franceschi [39]
trattano in più riprese il problema degli istroromeni. Il più
approfondito studio sulla lingua istroromena è però dell'illustre
glottologo goriziano Graziadio Isaia Ascoli sui suoi "Studi critici" del
1861 [40].
In tre opere pubblicate nel 1862, 1880 e
1882 lo studioso slavista Miklosich concorda con l'Ascoli sulla natura
romeno-danubiana del gruppo etnico dei romeni istriani [41].
Il fiorire dell'interesse sugli
istroromeni attrae anche lo studioso romeno
Ioan Maiorescu che, nel
1857, fu un viaggio in Istria. Fondamentali risultano, per la conoscenza
di questa popolazione, i suoi appunti di viaggio che vengono pubblicati
per una prima volta nel 1874 da Titu Maioj rescu. In quelle pagine si
ritrova l'entusiasmo dello Istudioso romeno che riesce a comunicare con
gli abitanti di
Valdarsa in romeno [42].
L'importanza del lavoro di
Maiorescu è
data 1 dalla ricca documentazione che viene fornita sulle tradizioni,
costumi ed anche sulla lingua parlata dagli istroromeni. Nell'edizione
del 1900 del suo "Itinerario in Istria" ritroviamo anche interessanti
notazioni riguardo alla vita famigliare e sociale degli istroromeni.
Da quelle pagine si possono ricavare
alcune valutazioni sull'etnia di questo popolo e sui contatti che ha
avuto con le popolazioni vicine.
Oltre ai numerosi matrimoni con gli
slavi, viene ricordato dal
Maiorescu la tradizione dei "trovatelli".
Questi bambini erano, come li definisce lo studioso romeno, "i frutti
del peccato dei plutocratici triestini" che un Istituto di
Trieste
affidava già da una decina d'anni alle famiglie istroromene fino alla
maggiore età, previo il pagamento di un contributo. In quei tempi,
secondo il
Maiorescu, si trovano ben 300 di questi bambini presso le
famiglie di
Valdarsa e zone limitrofe. Molti di essi però rimasero in
quei luoghi anche dopo la maggiore età e colà si sposarono acquisendo
così la cultura delle famiglie che li avevano allevati [43].
Il Puscariu successivamente ridimensiona tale numero [44],
però alcune mie ricerche fatte presso "l'Istituto dei Poveri di
Trieste", ora denominato I.T.I.S., hanno confermato una certa ampiezza
del fenomeno che si concluse dopo il 1860.
Queste notizie portano a considerare che,
dal punto di vista etnico, una parte degli istroromeni sono di origine
triestina, dai dati del
Maiorescu circa il 10%, e che un'altra parte di
essi, probabilmente circa il 30-40%, sono di origine slava. Interessante
è a tale proposito lo studio su "Alcuni caratteri antropologici dei
Cicci", pubblicato dal dott. Ugo Vram nel 1904, dal quale si possono
rilevare delle specificità antropometriche ed antropologiche degli
abitanti di Mune e
Seiane [45].
Dunque anche la comunità istroromena attuò un processo di assimilazione
di singole persone che diventarono, dal punto di vista culturale,
anch'essi istroromeni, poichè fecero propria la lingua, le tradizioni e
la cultura della popolazione che gli aveva accolti e tramandarono questi
valori essi stessi. In campo europeo la seconda metà del 1800 si
arricchisce dei fermenti nazionali che portano alla Costituzione degli
attuali Stati che formano l'Europa. Per quanto riguarda la Romania nel
1859 assistiamo alla nascita dello Stato nazionale romeno, i cui fautori
principali si formarono attraverso stretti rapporti con il Risorgimento
italiano. Oltre a ciò, nella Romania stessa, in campo culturale,
assistiamo sin dall'inizio del 1800 ad una rivisitazione ed ad una
esaltazione dell'origine latina del popolo romeno.
Le ricerche sugli istroromeni e le
pubblicazioni diventano sempre più approfondite negli ultimi 20 anni del
1800 con, tra gli altri, le opere del'Ive [46],
Gartner [47], Weigand [48],
Nanu [49] che contengono
molte trascrizioni della lingua istroromena. Nel 1884 il prof. Urbas del
Liceo di Trieste tiene una Conferenza alla sezione Litorale del Club
Alpino tedesco-austriaco: I Cicci e la loro terra. Importante l'opera di
Teodor Burada [50]. Un
viaggio nei villaggi romeni dell'Istria, che viene pubblicata nel 1896 a
Iasi e dove lo stesso riporta anche alcuni appelli della comunità
istroromena alla Dieta italiana dell'Istria. Voglio citare il più
appassionato degli stessi pubblicato sul "Il giovine pensiero" m. 17 del
26/11/1887:
Fratelli italiani:
Come ben sapete dimora fra voi da secoli una
popolazione latina cbe non vi fa e non vi ha mai fatto del male. Questa
popolazione è senza tregua tormentata da ogni sorta di sventure lagna;
paga le imposte che le si rechiedono e non si lagna.
Tutti ci hanno dimenticati, soltanto voi
quando a quando ve ne rammentate nei vostri scritti senza però decidervi
find'ora a prestarci mano fraterna di aiuto, perchè possiamo anche noi
ottenere il risveglio nazionale che l'umaniità el il progresso
reclamano anche a favore di noi, poveri abbandonati.
Il nome di romeno che risuscita così in noi
che in voi tante memorie di gloria comune non ha ha esso forse
abbastanza forza per farvi decidere di venirci in aiuto nell'estremo
momento della necessità?
Fratelli istriani nel santo nome della
comune madre patria, vi preghiamo di non rifiutarci questo aiuto che la
guistizia e l'equità domandano.
Forse qualcuno crederà che l'abbandono la
nostra lingua e la dimenticanza di qualunque tradizione della noostra
origine procederanno così rapidamente da far sparire in poco tempo le
orme stesse di questi luoghi mfelici.
Speriamo però che voi, amati fratelli,
alzerete la vostra voce a chi di raaione per redimerci dalle miserie
intellettuali e morali.
|
Nel 1888 ci fu un dibattito alla Dieta su
tale problema ed ulteriori appelli furono scritti nel 1896 e nel 1910,
ma senza 'alcun risultato.
Burada però fu importante poichè portò
con se in Romania un giovane
Andrei Glavina che fece studiare nelle
scuole romene.
Nel 1899 appare
Il
Glossario
Istroromeno di Arthur Byhan, un'opera lessicografica fondamentale
sul dialetto istroromeno [51].
Il più profondo e completo studio sulla
lingua istroromena è senz'altro dovuto, in tale periodo, allo studioso
di romanistica, originario di
Albona,
Matteo Bartoli. Egli attraverso
viaggi di studio ed analisi di tutta la bibliografia sugli istroromeni
pubblica tra gli anni 1900 e 1908, numerosi saggi ed articoli [52].
Particolarmente ricche di informazioni
nel campo folkloristico, onomastico e toponomastico sono le ricerche di
Josip Popovic pubblicate tra il 1903 ed il 1914 [53.]
A livello di cronaca è da registrare
l'incontro della Regina della Romania, Carmen Sylva, con gli istroromeni
avvenuto ad
Abbazia nel 1910 [54].
L'interesse che le varie Nazioni europee
hanno sui problemi delle minoranze, che sarà una delle cause della prima
Guerra mondiale, e la numerosa ed appassionata bibliografia sugli
istroromeni, unita alla profonda sensibiltà ed amore per la sua gente,
porta il Maestro elementare di
Valdarsa,
Andrei Glavina, che grazie a Burada
aveva studiato il romeno in Romania, a ricercare di risvegliare la
coscienza nazionale dei suoi concittadini e di trasmettere la nobiltà
della loro lingua e della loro cultura.
Ad
Andrei Glavina si deve il primo libro
scritto interamente in dialetto istroromeno: Calindam lu Rumeri din
Istrie
(1905) [55]. Però
l'importanza del
Glavina è soprattutto da ricondurre nel
campo sociale. Infatti, nell'Istria italiana, il maestro istroromeno
riesce ad aprire la prima scuola istroromena nel 1921 e nel 1922 viene
che costituito il Comune di
Valdarsa che adotta come simbolo la Colonna
Traiana.
Purtroppo con la prematura scomparsa di
Andrei Glavina, nel 1925, scompare
anche la scuola romena [56].
Non scompare però l'interesse per gli
lstroromeni sia in Romania che in Italia, dove fino alla seconda guerra
mondiale c'è una intensa attività di ricerca scientifica sulla cultura
di questi romeni occidentali.
Lo studioso romeno che in assoluto ha
dato il maggior contributo alla conoscenza della storia e della lingua
degli istroromeni fu, senza dubbio,
Sextil Puşcariu, la cui opera
maggiore in questo campo è composta dai tre volumi degli "Studi
Istroromeni" usciti rispettivamente nel 1906, 1926 e 1929 [57].
Anche altri studiosi, come il Dragomir [58]
ed il Cantemir [59],
fanno importanti ricerche nei paesi abitati dagli istroromeni, sempre
nel periodo tra le due guerre mondiali.
Leca Morariu inoltre pubblica nel 1928 il
secondo libro, dopo quello del
Glavina, scritto in istroromeno [60].
Comunque da questo momento in poi, non
c'è scrittore romeno, storico o linguista, che non tratti del problema
degli istroromeni.
In Italia dobbiamo ricordare il prof.
Tagliavini che, tramite la sua rivista "Studi romeni" ed il centro Studi
dell'Istituto per 1'Europa Orientale di Roma, pubblica diversi articoli
e recensioni sugli istroromeni [61].
Nel 1932 lo Stato italiano realizza una
grande opera pubblica nella zona di
Valdarsa, che non poca. rilevanza
avrà per l'economia dei paesi circostanti:
la bonifica del Lago d'Arsa
[62].
Sicuramente questo fatto provocò un
miglioramento del livello e delle condizioni di vita degli istroromeni
ivi residenti ma nel contempo sviluppò anche fenomeni di immigrazione
che portarono al depauperamento della cultura istroromena, sempre più
relegata tra le pareti domestiche.
Si colloca, sempre in tale periodo,
un'iniziativa di uno studioso romeno, Sever Pop con l'approvazione dello
Stato italiano e di quello romeno, attraverso la quale furono inviati a
studiare in Romania due fanciulli, uno di
Seiane ed un'altro di
Valdarsa, per poter tramite costoro, al termine dei loro studi, riaprire
la scuola romena nei due paesi istriani.
Purtroppo la seconda guerra mondiale ed
il regime comunista instauratosi in Romania ed in Jugoslavia
cancellarono, poichè considerati iniziative di regimi fascisti, questi
buoni propositi di conservazione della cultura istroromena.
Un duro colpo venne inferto alla comunità
istroromena, durante l'ultima fase della seconda guerra mondiale, con le
distruzioni delle case e soprattutto delle chiese, assieme a tutti gli
archivi parrocchiali, che la furia nazista attuò quale rappresaglia alle
azioni partigiane ed istituì un lager a
Seiane.
A livello scientifico continuarono anche
nel dopoguerra, seppur più diradate, le pubblicazioni sugli istroromeni.
Possiamo ricordare tra gli altri Radu Flora [63]
ed Augustin KOVAČEC [64].
L'attenzione sugli istroromeni è viva
soprattutto nelle opere di linguistica romena dove si accendono
dibattiti scientifici. Ad esempio le tesi di Alexandru Graur [65]
e di Ion Coteanu [66],
che considerano l'istroromeno una vera e propria lingua invece che un
dialetto della lingua romena, sono in parte contestate da Gheorghe
Ivanescu [67] e da
Alexandru Rosetti [68]
nelle loro fondamentali opere sulla Storia della lingua romena.
Ma quanti sono gli istroromeni? Questa
domanda è stata oggetto di diverse ricerche che hanno portato ad una
definizione massima di 6/7000 persone nel secolo scorso[69].
Mentre l'ultimo censimento jugoslvavo del 1991, la zona dell'Istria dove
vivono gli istroromeni attuali ora è totalmente in Croazia, riporta che
810 persone si sono dichiarate romene e 22 morlacche su un totale di
757.051 abitanti dell'Istria [70].
|
Mappa linguistica elaborata da
Sextil Puscariu (cliccare per ingrandire). |
In realtà questo numero è sicuramente
maggiore, poichè molti istroromeni che vivono a Fiume od in altre città
della Croazia non si sono dichiarati come tali ed altri si trovano
ancora più lontano.
Ciò si può spiegare con la povertà delle
risorse della zona che ha portato molti istroromeni ad emigrare in tutto
il mondo. Un consistente numero vive in Italia, a
Trieste in
particolare, e molti negli Stati Uniti. A New York la comunità degli
istroromeni conta circa 500 persone, altri ancora si trovano in Germania
ed in Svizzera. In questi ultimi anni, nonostante il conflitto nei
Balcani e la condizione di Paese belligerante della Croazia, l'interesse
per gli istroromeni e per la loro cultura, conservatasi miracolosamente
per oltre un millennio nonostante la mancanza di una loro tutela sia
sociale che culturale, è uscito dagli ambiti scientifici ed accademici
per giungere a livello politico e di opinione pubblica, da dove sono
arrivati alcuni segnali incoraggianti.
Probabilmente la più recente attenzione
europea verso i problemi delle minoranze, anche se rimane purtroppo
ancora più formale che sostanziale, il convegno internazionale a livello
di Governi si è chiuso a Bucarest ne11994, e la drammaticità
dell'incuria per questa cultura, che potrebbe portare tra breve ad una
sua scomparsa, hanno toccato gli animi più sensibili.
Un rinnovarsi di iniziative con tra
l'altro: riproduzioni di libri in istroromeno; visite a
Seiane e
Valdarsa; mostre a
Trieste sugli istroromeni
dell'Associazione di amicizia italo-romena Decebal; articoli apparsi
sulla Voce del Popolo di Fiume, su il Piccolo di Trieste e
su quotidiani romeni e svizzeri; servizi filmati della Televisione
slovena e croata e radiofonici della Rai di
Trieste; convegni e ricerche
dell'Unione degli Istriani di
Trieste, convegni all'Università di
Trieste e alla Associazione Dante
Alighieri, al Rotary Club di
Trieste, la costituzione a
Trieste dell'Associazione dei romeni
d'Istria "Andrei Glavina" ed ancora un prestigioso articolo di Claudio
Magris sulla prima pagina culturale del Corriere della Sera ed
altre iniziative in Croazia, hanno caratterizzato l'attività di questi
ultimi anni.
Anche lo Stato romeno ha preso coscienza
di ciò, come attestano le visite della diplomazia romena di Zagabria a
Valdarsa ed i protocolli siglati tra lo Stato romeno e quello Croato,
dopo le visite del Presidente della Croazia in Romania e del Primo
Ministro romeno in Croazia.
Importante sembra essere il 1996 che è
iniziato con la pubblicazione di un libro sul
Comune istroromeno di Valdarsa della prof.ssa Feresini, edito dall'Unione degli Istriani e si
chiude con questa iniziativa dell'Associazione Decebal.
Sicuramente ora bisogna operare nel
concreto, poichè il dialetto istroromeno è parlato solamente a
Seiane e
Valdarsa da un numero limitato
di persone, per lo più anziane. I giovani istroromeni, non ce ne sono
molti, capiscono il dialetto ma non tutti lo parlano, poichè la lingua
necessaria per i rapporti sociali è il croato.
Voglio concludere con un appello per far
sì che non muoia questa cultura, con la quale cadrebbe l'oblio su
innumerevoli generazioni di antenati, che hanno espresso in istroromeno
per molti secoli le prime parole, i loro sentimenti di amore, la
speranza e l'afflizione, nonché le ultime parole rivolte ai loro cari.
Con la morte di una cultura muore qualcosa di ognuno di noi; bisogna
impedire che questo processo diventi irreversibile.
Note bigliografiche:
- G. Ivanescu -
Istoria limbii romane - Ed. Junimea - Jasi 1980 -pag. 80.
- Atti Convegno -
L'integrazione culturale nella nuova realtà europea - vol. Il -
Ed. Bulzoni -Roma 1994 - E. CURTIS - La romanità nei Balcani: ma
esiste ancora? - pagg. 75/85.
- G. Devoto e G.C. Oli -
Il dizionario della lingua italiana - Ed. Le Monnier - Firenze
1990.
- G. Devoto e G.C. OLI -
Op. cit.
-
S. Puşcariu - Studii istroromane
- Ed. Cultura nationala - Bucuresti 1926 -Vol. II - pag. 4.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pagg.
4/13.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pagg.
18/23.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pag. 13.
- F. Kos - Gradivo za
zgodovino slovencev o srednjem veku - Vol. IV - Ljubljani 1915 -
pag. 329.
- A. Kovačec
- Descrierea istroromanei actuale
- Ed. Academiei R.S. Romania - 1971 - pag. 26.
- A. Kovačec
- Op. cit. - pag. 26.
- G. Vassilich - Sui
romeni d'Istria - Estratto da Archeografo triestino - Nuova
Serie - Vol. XXIII - Trieste 1900 - Fasc. 1 - pag. 26.
- A. Kovačec
- Op. cit. - pag. 28 e S. PUŞCARIU - Op. cit. - pag. 30.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pag. 14.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pag. 31.
- A. Kovačec
- Op. cit. - pag. 28.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pag. 9.
- G.G. Corbanese -
Il Friuli, Trieste e l'Istria
- Vol. 1 - Ed. Del Bianco - 1983 - pagg. 316/325.
-
S. Puşcariu
- Op. cit. - pagg. 31/32 e G.G. CORBANESE - Op. cit. - pagg.
320/324.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pagg. 30.
- A. Kovačec
- Op. cit. - pag. 28.
-
P. Kandler - Raccolta delle
Leggi ordinanze e regolamenti speciali per Trieste - Trieste
1861 - pagg. 8/10.
- G .M. Manaruta
(Ireneo della Croce) - Historia sacra e profana della città di
Trieste - Venezia 1725 - pagg. 334/335.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pag. 44.
- G. Stradner -
Schizzi dall'Adria - II Istria - Ed. F.H. Schimpff - Trieste
1903 - pag. 21.
- G. Vassilich - Op.
cit. - pagg. 50/51.
- A. Kovačec
- Op. cit. - pag. 27.
- C.C. Giurescu -
Istoria romanilor - VoI. II - Parte 1 - Ed. Fundatia pentru
leteratura si arta "Carol II'' - Bucarest 1940 - pagg. 270/295.
- C.C. Giurescu - Op.
cit. - pag. 388.
- U. Cova - Alpi
Giulia - Rassegna Sez. triestina del C.A.I. - Ed. Società alpina
delle Giulie - Anno 67 - 1972 - pagg. 29/51.
- U. Cova - Op. cit. -
pagg. 41/42.
- U. Cova - Op. cit. -
pagg. 43/47.
-
V. Scussa - Storia cronografica
di Trieste dalle sue origini sino all'anno 1695, cogli annali
dal 1695 al 1848 del Procuratore Civico cav. PIETRO dott. KANDLER -
Ed. Italo Svevo - Trieste 1986 - pag. 235.
-
S. Puşcariu - Studii istroromane
- Ed. Cultura Nationala - VoI. III - Bucuresti 1929 - pag. 6.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pag. 11.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pag. 11.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pag. 12.
-
V. Scussa - Op. cit.; P. KANDLER -
Op. cit. -e - L'Istria - Trieste 1851 - pagg. 78/80; etc..
-
C. De Franceschi - L'Istria
- Trieste 1852 - pagg. 225/ 238 e - L'Istria, Note Storiche -
Parenzo 1879pagg. 369/371; etc..
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pag. 21.
-
S. Puşcariu - Op. cit. -pag. 22.
-
I. Maiorescu - Itinerar in
Istria si vocabular istriano roman - Il Edizione pubblicata da
T. Maiorescu - Ed. Libreriei Socecu - Bucuresti 1900.
-
I. Maiorescu - Op. cit. - pagg.
58/59.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - nota 5) -
pagg. 43/44.
- U.G. Vram - Su
alcuni caratteri antropologici dei Cicci - Tipografia del Lloyd
- Trieste 1904.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pag. 46.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pag. 48
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pagg.
64/71.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pagg.
70/72.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pag. 72.
- A. Byhan - Jahresbericht
des Institut fiir rumanische Sprache - VI Leipzig - Barth
- 1899 - pagg. 174/396.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - pagg.
79/140.
-
J. Popovici - Dialectele romine
- Ed. Halle 1909.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - Nota 5) -
pag. 51.
-
A. Glavina e C. Didulescu - Calindaru lu rumeri din Istrie - Bucuresti 1905.
- G. Ivanescu - Op.
cit. - pag. 729.
-
S. Puşcariu - Studii istroromane
- Ed. Cultura Nationala - Bucuresti - Vol. I (1906); Vol. II (1926);
Vol. III (1929).
- I. Dragomir -
Vlahi si morlacii - Cluj 1924; etc..
- T. Cantemir -
Texte istroromine - Ed. Academiei R.P. Romine - Cluj 1959.
-
L. Morariu - Libru lu rumeri din
Istrie - Cernauti 1925.
- C. Tagliavini -
Studi Romeni -Pubblicazioni dell'Istituto per l'Europa Orientale
- Roma - Vol. I (1927); Vol. II (1927); Vol. III (1928); Vol. IV
(1929/1930).
- A. Diana - La
bonifica nell'Istria - Convegno per la ripresa economico-agraria
delle Venezie - Venezia 1946 - pagg. 24/100.
- R. Flora - Despre
stadiul actual al istroromanei in fonetica si dialectologie - IV
- 1962 - pagg. 135/170.
- A. Kovačec
-Op. cit..
- A. Graur - Studi
de lingvistica generala - Bucuresti 1955 - pagg. 124/127.
- I. Coteanu - Cum
dispare o limba (istroromana)
- Bucuresti 1955 - pagg. 7/16 e 34.
- G. Ivanescu - Op.
cit. - pagg. 32/36.
- A. Rosetti -
Istoria limbii romane - Ed. Scientifica si Enciclopedica -
Bucuresti 1986 - pagg. 549/552.
-
S. Puşcariu - Op. cit. - Nota 5) -
pagg. 40/43.
- Quotidiano "la Voce
del Popolo", Tabella con censimento 1991 in Croazia - 28/4/1994 pag.
10.
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