Status attuale delle
comunità istroromene
(indagine preliminare)
nota
© Srđa
Orbanić
master in filologia romanza. Facoltà di Pedologia di Pola,
CRO
mag., asistent za italiianski jezik ria Pedagoški fakulteti v Pulju, 52000 Pulj,
CRO
[Tratto da:
Orbanić, Srđa (1995).
"Status attuale delle comunità istroromene". Annales. Series historia et
sociologia (in Italian). 5 (6, p. 57-64.]
POVZETEK
Avior se v prìspevku ukvarja s sochlološkimi in sociolingvističnimi aspekti
istroromunskih jezikovnih skupnosti v vaseh na pobočjih Učke, v katerih so
"vlaški" prìseljenci do danes ohranili narečje romunskega jezika. Ugotavtja, da
so prebivalci pò vrsti najmanj dvojezičnì (poleg istroromunšćine obvladajo ludi
hrvašćino, nekateri pa še itslijanišćino) ter da mmajo občutka nacionalne
pripadnosti romunskemu narodu, opredeljuiejo se namreč enako kot okoliško
hrvaško prebivalstvo. Ugotavlja, da je treba število govorcev istroromunišćine,
ki ga navaja večina avtorjev (1500), zmanjšati na okoli 400.
SINOSSI
II presente
saggio è il resoconto di un indagine preliminare sullo status attuale delle
comunità istroromene nell'lstria nord-orientale, il cui compito è quello di
rilevare le strutture comunitarie che hanno reso possibile il mantenimento
linguistico.
INTRODUZIONE
La prima
sensazione che si ha arrivando nelle comunità istroromene situate attorno al
Monte Maggiore è quella di decadenza e di scomparsa. La maggioranza delle case
fatiscenti o in rovina, molti vecchi (proverbialmente seduti all'ombra) e pochi
bambini che giocano nei cortili o per la strada, l'assenza quasi totale di
botteghe, negozi e servizi pubblici, le osterie deserte così come le chiese,
rari rumori "tecnologici" e il silenzioso bisbigliare della natura: è così che
le comunità istroromene si presentano al forestiero. Poi la diffidenza iniziale
degli abitanti (particolarmente diffidenti verso giornalisti e "scienziati"),
gli sguardi nascosti e l'ostentato disinteresse, in seguito i preliminari di
circostanza per tastare i visitatori, la loro provenienza, il loro atteggiamento
e le ragioni che li hanno spinti fin là, e infine la conversazione amichevole
accompagnata da qualche bicchiere di vino, piena di ironia e di autoironia tanto
che tutta questa genuinità e immediatezza mette in soggezione, immagini e
comportamenti antichi che fanno presuntuosamente pensare all'"innocenza perduta"
e all'"inevitabile sacrificio al progresso". Un mondo fuori dal tempo, più da
salvare (almeno nella memoria) che da studiare.
Per il
ricercatore che si propone di studiare lo status attuale delle comunità
istroromene tale sensazione rappresenta un qualche problema, poiché c'è il
rischio che gli faccia adottare una particolare posizione, una posizione di
valore, come se egli fosse l'unico che ha la moralità dalla sua, e che quindi
gli faccia trattare l'argomento come se tale posizione fosse l'unica che
permette di rendere l'argomento trattato chiaro agli altri. La conseguenza di
ciò è che fin troppo spesso si è tentati di usare nella trattazione si dovrebbe
e si potrebbe travisando lo stato di fatto (Caillé, 1988). I troppi condizionali
dettati dal tiepido umanesimo (una commistione di sentimentalismo e di
mistificazione corporativa), il wishful thinking e la vuota retorica in difesa
dei più deboli fanno sì che l'argomento non venga trattato nel suo contesto
reale, con il risultato che la trattazione difficilmente potrà andare oltre il
lamento generale e astratto sull'ingiustizia sociale che porta all'erosione,
alla soppressione e alla scomparsa delle comunità istroromene (Edwards, 1985).
Il problema è
epistemologico e si pone nei termini di come bisogna fare l'analisi
micro-sociolinguistica e come inquadrare i suoi risultati. Nel caso in questione
l'oggetto di studio sono state cinque località dell'Istria interna, un insieme
di villaggi spopolati e sperduti nella boscaglia ai piedi del Monte Maggiore.
Visti a distanza sono posti graziosi, ma quando si è dentro, risultano meno
attraenti. La terra è scarsa, il lavoro anche, la vita non è certo promettente,
ridotta com'è alla stagnazione in cui il futuro sembra altrettanto lontano del
passato. Tuttavia nel mezzo di questa scena deprimente vi è un'esperienza
esistenziale collettiva assolutamente sorprendente. Gli abitanti, contadini e
lavoratori comuni, vivono pienamente coscienti della propria diversità e hanno
teorie sulle sue origini, natura, funzione e modalità di manifestazione. Le idee
centrali che definiscono i confini delle comunità e il senso di che cosa
significa esserne membro si collocano in due opposizioni binarie. La prima è
quella tra l'interno, inteso in senso geografico come spazio tra la chiesa di
Costercani - Kostrčan, il cimitero di Susgnevizza - Šušnjevìca e il secondo
sentiero trasversale a Frassineto [Su
Codru / Sucodru] - Jasenovik (per la
comunità a sud del Monte Maggiore) ovvero come spazio del villaggio di Seioane -
Žejane (per la comunità a nord del Monte Maggiore), e in senso
cognitivo-comportamentale come comunanza di lingua, usi e costumi, e l'esterno,
inteso in senso geografico come area limitrofa che gravita al centro urbano più
vicino (Fiume per la comunità a nord e Albona per la comunità a sud del Monte
Maggiore) e in senso cognitivo-comportamentale come mimetizzazione
socioculturale. La seconda dicotomia è quella tra la vita, intesa come
partecipasene alla civiltà della scrittura e all'urbanità, e !a morte, intesa
come decomposizione della tradizione orale e della civiltà rurale su cui
poggiava la diversità istroromena.
Ne consegue una
concezione bipolare del proprio essere nel mondo, che distingue un mondo interno
dì morte e di decomposizione, che è mito, e un mondo esterno di vita e di
partecipazione, che è storia (Mendras, 1986). I membri delle comunità analizzate
si sentono parte di entrambi questi mondi, che si confrontano l'un l'altro come
due mondi distinti ma non contrapposti, per cui ogni membro della comunità
rappresenta il punto temporaneo di questo confronto, un'espressione temporanea
della loro esistenza e della loro separazione permanente. La conseguenza
immediata dì questo fatto è una concezione del membro della comunità come di un
rappresentante appropriato di un tipo ecologico e/o ecotopico genericamente
istriano (Heraud, 1966). Da questa appropriatezza gli istroromeni ottengono la
loro definizione in quanto essa regola i rapporti associativi che sono tenuti ad
avere con la società che li circonda. Ed è in questo modo che le loro comunità
diventano comunità contestualizzate. La loro capacità di creare un contesto
all'interno del quale i singoli possono essere identificati come membri della
comunità nei termini di caratteristiche che si suppongono immanenti (prima fra
tutte la lìngua d'uso familiare) fa sì che la loro identità non sia mai in
pericolo poiché vengono espresse solamente le sue coordinate e non il suo
contenuto (Geertz, 1988).
Questa è quindi
la prospettiva interpretativa in cui vanno inseriti i dati self-report forniti
dai 36 soggetti intervistati. Si era partiti con l'intenzione di somministrare
ai soggetti un questionario, ma date le difficoltà che il procedimento avrebbe
implicato, abbiamo preferito porre le domande di cui era composto nel corso
della conversazione quanto più possibile informale. La maggioranza degli
intervistati è nativa del luogo, ma abbiamo intervistato anche alcune persone
provenienti dal "mondo esterno" e ora residenti in loco. Inoltre, abbiamo
cercato di non intervistare persone che ci venivano indicate come "persone che
fanno al caso nostro" date le loro esperienze nell'aiutare i ricercatori, per
evitare i possibili inquinamenti "dotti".
CARATTERISTICHE SOCIO-DEMOGRAFICHE
L'andamento
demografico delle comunità istroromene può essere ricostruito attraverso i dati
dei vari censimenti. Noi ne abbiamo scelto quattro: due austriaci (1880 e 1910),
uno iugoslavo (1945) e uno croato (1991). Come evidenziano i dati riportati, nel
censimento austriaco del 1880 gli istroromeni sono stati considerati italiani, e
in quello del 1910 come romeni, mentre negli altri due censirnenti predomina la
dichiarazione d'appartenenza croata. Dato che i censimenti austriaci venivano
eseguiti in base alla determinazione della lingua d'uso (criterio oggettivo),
essi non dicono nulla sulla coscienza etnica delle persone censite. Gli altri
due censimenti, de! 1945 e del 1991, sono stati eseguiti in base alla
dichiarazione di appartenenza nazionale (criterio soggettivo), perciò rivelano
la coscienza etnica dei censiti, ma non la loro lingua d'uso. Se consideriamo i
dati nel loro complesso, giungiamo alla conclusione che gli istroromeni, anche
se parlano un dialetto romeno (mondo interno), hanno la coscienza di essere
croati (mondo esterno).
Nelle comunità
istroromene a sud del Monte Maggiore (Frassineto
[Sucodru], Villanova [Noselo],
Costerciani, Susgnevizza, essendo la zona molto povera, a partire dalla seconda
metà de! secolo scorso gli abitanti nella maggior parte lavoravano come
marittimi a Fiume o a Trieste, e come minatori ad Arsia e ad Albona. Dopo il
1918 la popolazione è andata diminuendo a causa della difficile situazione
economica. Le condizioni economiche hanno obbligato molta gente a emigrare,
maggiormente in America. Fino al 1919 la scuola era croata, il culto religioso
anche, quindi italiana e dal 1945 in poi nuovamente croata.
|
FRASSINETO
- JESENOVIK [SUCODRU] |
Anno |
Abitanti |
Croati |
Italiani |
Romeni |
Altro1 |
1880 |
271 |
98 |
173 |
0 |
0 |
1910 |
280 |
175 |
0 |
105 |
0 |
1945 |
273 |
193 |
0 |
19 |
61 |
1991 |
80 |
53 |
0 |
0 |
26 |
|
|
Costerciani - Kostrčan - Brdo |
Anno |
Abitanti |
Croati |
Italiani |
Romeni |
Altro1 |
1880 |
617 |
17 |
599 |
1 |
0 |
1910 |
653 |
131 |
0 |
522 |
0 |
1945 |
573 |
130 |
0 |
443 |
0 |
1991 |
73 |
34 |
0 |
2 |
36 |
|
|
VILLANOVA -
NOVA VAS |
Anno |
Abitanti |
Croati |
Italiani |
Romeni |
Altro1 |
1880 |
240 |
0 |
240 |
0 |
0 |
1910 |
255 |
0 |
0 |
255 |
0 |
1945 |
278 |
278 |
0 |
0 |
0 |
1991 |
94 |
30 |
0 |
0 |
63 |
|
|
SUSGNEVZZA -
ŠUŠNJEVICA |
Anno |
Abitanti |
Croati |
Italiani |
Romeni |
Altro1 |
1880 |
385 |
1 |
383 |
0 |
0 |
1910 |
353 |
350 |
3 |
0 |
0 |
1945 |
315 |
305 |
2 |
8 |
0 |
1991 |
91 |
47 |
5 |
0 |
35 |
|
|
Fonte: Ufficio di
stato civile del Comune di Albona |
Per la comunità
istroromena a nord (Seiano – Sejane) vale quanto detto per le comunità a sud del
Monte Maggiore. Anche qui dopo il 1918 la popolazione è andata diminuendo a
causa della difficile situazione economica. Sotto l'Austria i giovani
frequentavano Ia scuola croata di Mune Grande. Lo stato italiano ha aperto una
scuola italiana a Seiano, che dopo il 1945 è diventata croata. Anche il culto
religioso era in croato.
|
SEIANO - ŽEIANE |
Anno |
Abitanti |
Croati |
Italiani |
Romeni |
Altro1 |
1880 |
531 |
531 |
0 |
0 |
0 |
1910 |
596 |
596 |
0 |
0 |
0 |
1945 |
651 |
651 |
0 |
8 |
0 |
1991 |
189 |
167 |
0 |
0 |
22 |
|
Come si è
potuto notare dai dati riportali, nella storia delle comunità istroromene
dall'inizio di questo secolo vi è una inversione di tendenza dal punto di vista
socio-demografico. Dal censimento del 1880 si assiste a una crescita demografica
fino a che non si è instaurato il regime italiano. La recessione economica sotto
l'Italia ha prodotto un lieve calo demografico, che si è aggravato dopo il 1945,
con l'avvento del regime comunista. Dopo il 1945 si assiste a un flusso
migratorio verso l'estero e verso i centri urbani della regione, e allo stesso
tempo a una lieve immigrazione sporadica. Nel 1991 (ultimo censimento) la
popolazione residente nelle cinque comunità istroromene contava 527 persone, di
cui due soltanto dichiaratesi romene.
|
Anno |
Abitanti |
Croati |
Italiani |
Romeni |
Altro1 |
1880 |
2044 |
647 |
1395 |
1 |
0 |
1910 |
2137 |
1252 |
3 |
882 |
0 |
1945 |
2090 |
1557 |
2 |
478 |
61 |
1991 |
527 |
331 |
5 |
2 |
180 |
|
La popolazione
attiva delle comunità istroromene allo stato attuale lavora soprattutto nei
seguenti settori occupazionali: l'agricoltura, l'industria manifatturiera e
mineraria e i servizi portuali. Si tratta di settori economici in crisi, per cui
non sorprende il fatto che la volontà di abbandonare le comunità sia così
diffusa tra la popolazione attiva. Date le direttrici generali presenti nella
società istriana (recessione economica strutturale, depauperamento della
popolazione, disoccupazione crescente, eccetera, la tendenza socio-demografica
negativa penalizzerà ulteriormente le comunità'istroromene, accelerando la loro
disgregazione.
ANTROPOLOGIA ED ETNOLINGUISTICA SPONTANEA
Nella
costruzione dell'immagine di sé delle comunità istroromene un ruolo d'importanza
particolare spetta alla ricostruzione della loro storia, compito tradizionale
degli anziani. Ne proponiamo una breve sintesi, terminologicamente adeguata
all'apparato concettuale adottato.
Le comunità
istroromene, causa la loro posizione geografica, erano relativamente autonome
dalla società globale, che le dominava e allo stesso tempo tollerava la loro
diversità. La vita sociale ed economica delle comunità era organizzata poggiando
sul gruppo familiare, per cui tale economia periferica - basata sull'agricoltura
e sui mestieri tradizionali - ha prodotto un sistema di autarchia relativa in
cui le comunità istroromene erano caratterizzate da rapporti di conoscenza
reciproca e di solidarietà ai suo interno e da rapporti limitati con le comunità
croate limitrofe (Bertoša, 1989). L'autarchia sociale era accompagnata
dall'omogeneità culturale, che si manifestava in particolare attraverso la
lingua. Così organizzate, le comunità richiedevano la totale conformità
ideologica di tutti i suoi membri, che condividevano la stessa visione del
mondo, lo stesso sistema dei valori e usavano lo stesso mezzo conoscitivo e
verbale, per cui i nuovi membri delle comunità (in genere le mogli provenienti
dalle comunità croate limitrofe) dovevano assimilarsi. In tal modo le comunità
si proteggevano dalia penetrazione culturale delia società globale che toglieva
loro una parte dei beni prodotti e cercava di imporre il suo apparato di potere
e ideologico (scuola e chiesa). Vivendo da poche risorse naturali in un sistema
economico autarchico di autosostentamento, le comunità dovevano conservare
l'equilibrio precario tra le risorse e la popolazione, per cui particolarmente
importante era il meccanismo dell'emigrazione (Saraceno, 1990). Gli emigrati
andavano nel mondo esterno per aumentare le risorse comunitarie rafforzando in
tal modo l'autarchia economica, che era la condizione prima dell'omogeneità
culturale.
La
disgregazione della loro civiltà rurale è iniziata all'inìzio di questo secolo e
si è accelerata dalla metà del secolo in poi. Le comunità non potevano più
organizzarsi come isolati prevalentemente endogami, per cui i rapporti con il
mondo esterno non potevano più essere così ridotti come prima. Con l'aiuto dei
contatti esterni dalle comunità verso lo spazio circostante, resisi necessari in
quanto l'autarchia non garantiva più l'autosostentamento, si è ampliata la rete
dei rapporti sociali, ma al contempo si è creata anche la barriera che isolava
le comunità dal mondo più lontano (Allan, 1979). Le comunità istroromene hanno
intensificato i rapporti di scambio sociale, economico e matrimoniale con le
comunità circostanti, con cui si sentivano culturalmente omogenee, suscitando
anche certi problemi per la rete di concetti pratici e morali intessuta attorno
a quella che è ritenuta la più radicala delle realtà, la loro diversità -
l'istroromenità.
Ne conseguono
vari miti sulle origini delia comunità, sulla loro identità etnolinguistica
"altra", che sono una combinazione di conoscenze tramandate oralmente e quelle
acquisite nei contatti con gli studiosi che negli anni hanno visitato le
comunità. Il mito più interessante è quello secondo cui gli istroromeni facevano
parte della minoranza croata nell'odierna Romania e secoli fa una parte di
questi croati si è trasferita in Istria. Un secondo mito, altrettanto diffuso, è
quello secondo cui gli istroromeni erano, prima di trasferirsi in Istria,
un'esigua minoranza linguistica in Romania (circa 7000 persone, a detta degli
informatori). Esso poggia sul fatto che gli istroromeni non capivano ì romeni
che hanno avuto occasione di incontrare, mentre hanno incontrato meno difficoltà
di comprensione nei contatti con i moldavi. Il terzo mito delle origini, meno
accreditato tra gli informatori, è quello secondo cui gli istroromeni sono il
resto della popolazione indigena direttamente legata alla romanità-latinità
istriana, cioè una specie di relitto linguistico e culturale. Legata ai primi
due miti è la determinazione del periodo storico in cui gli istroromeni hanno
lasciato la loro terra d'origine (secondo gli informatori sempre l'odierna
Romania) e si sono trasferiti in Istria. La maggioranza degli intervistati è
convinta che gli istroromeni sono giunti in Istria prima dei croati e che
all'arrivo dei croati occupavano in pratica tutta la penisola istriana e che
quindi erano molto più numerosi di quanto non lo siano oggi. Meno diffusa è la
convinzione che gli istroromeni sono giunti in Istria dopo i croati insediandosi
soltanto nelle cinque località in cui anche oggi sono presenti.
Dai miti delle
origini fuoriesce che gli istroromeni percepiscono se stessi come una comunità
etnolinguistica "altra" e che, sebbene si considerino ormai croati, sono
pienamente coscienti della propria diversità, che a livello manifesto si palesa
nel loro essere bilingui (per forza di cose). Essi si autodefiniscono come
Valacchi, ma sottolineano il fatto che non hanno niente da spartire con
l'omonimo gruppo etnico presente in Serbia, la lingua la chiamano valacco (tra
di loro), romeno o istroromeno (come concessione ai ricercatori), o
valacco-romeno (come soluzione intermedia), o derivano il nome dell'idioma dal
nome della località in cui vìvono, il nome che i croati delle comunità limitrofe
usano per designarli (c'iribirci) dagli istroromeni non viene percepito come
offensivo, tanto che esiste un racconto che spiega "razionalmente" l'origine del
nome, ma secondo gii informatori croati consultati (nativi di Rozzo, Permani,
Fianona e Lettai) esso ha una connotazione tra il vezzeggiativo e il
peggiorativo. Questa è una manifestazione del pregiudizio etnico nei confronti
degli istroromeni ed è indice che anche i croati delle località limitrofe
percepiscono gli istroromeni come una comunità etnolinguistica "altra" e la loro
lingua viene considerata più come una specie di gergo usato a scopi criptici che
non come una lingua "altra", di modo che non esisterebbe una qualsiasi ragione
utilitaristica per apprenderla. Tali giudizi non corrispondono però allo stato
di fatto in quanto abbiamo avuto occasione di constatare che alcuni informatori
croati, nonostante i succitati giudizi, avevano almeno una conoscenza passiva
del l'istroromeno ma insistevano a negarla.
In questo
contesto va inserita la "riflessione linguistica" (Hymes. 1981) degli
istroromeni sulla loro minorità. Come detto, la minorità rappresenta uno degli
elementi costitutivi dei miti sulle origini della comunità, ed è presente anche
nella ricostruzione della storia della comunità e nella valutazione del suo
stato attuale. Se i miti sulle origini definiscono la comunità già in partenza
come minoranza etnolinguistica (inesistenza di una grande nazione madre di cui
la comunità, che è organica, è una parte) e la ricostruzione storica spiega tale
minorità organica in termini di limitazioni ambientali (una concezione
quasi-malthusiana del rapporto fra le risorse ambientali e quelle umane), nella
valutazone dello stato attuale è dominante il senso della disgregazione della
comunità, causata principalmente dal sottosviluppo economico dell'area e dal
conseguente inurbamento (scomparsa dei mestieri tradizionali e degli artigiani
dal tessuto comunitario).
Il fatto più
rilevante della disgregazione, secondo gli intervistati, è che non esistono più
parlanti monolingui bensì tutti sono almeno bilingui. Oltre all'istrororneno, si
parla il croato ciacavo (generalmente usato) e l'istroveneto (conosciuto in
misura maggiore dagli anziani che sono nati sotto l'Italia e hanno frequentato
la scuola italiana). Secondo gli intervistati nel momento attuale l'istroromeno
viene parlato all'incirca dal 70% della popolazione nelle comunità a sud del
Monte Maggiore e dal 90% della popolazione nella comunità a nord del Monte
Maggiore. Quindi, su un totale di 527 residenti i parlanti istroromeno sarebbero
all'incirca 400. A questi vanno aggiunti gli istroromeni emigrati nei vicini
centri urbani e quelli emigrati all'estero. Per quanto riguarda gli istroromeni
inurbati, la loro lingua d'uso familiare è diventato il croato e siccome il
tasso dei matrimoni misti è molto alto, i loro figli di regola non conoscono più
l'istroromeno. Anche nei momenti di rientro nella comunità d'origine, con i
genitori, i parenti e i conoscenti preferiscono comunicare in croato ciacavo,
perché la comunicazione in istroromeno presenta loro dei problemi. Gli emigrati
all'estero (maggiormente nei paesi d'oltremare, negli Stati Uniti, in Canada e
in Australia, poco in Germania e in Italia) sono, secondo gli intervistati, gli
unici che "tengono duro", cioè quelli che meglio hanno conservato gli usi, i
costumi, le tradizioni culturali e la lingua della loro comunità d'origine. Tale
convinzione degli intervistati non è però stata confortata dall'osservazione di
alcuni emigrati all'estero, in quanto anche loro nella comunicazione con i
residenti in loco usavano preferibilmente il croato. Secondo la quasi totalità
degli [61] intervistati l'istroromeno prima veniva parlalo di più, sia in
termini di numero dei parlanti, sia nei termini di domini d'uso, sia nei termini
di argomenti trattati.
Ci sembra che
il mantenimento dell'identità linguistica e culturale abbia avuto un contributo
anche dalle visite di studiosi che interrogavano i residenti in loco sulla
lingua e sulla cultura di cui questi avevano un'immagine di inferiorità. Molti
intervistati affermano quasi con orgoglio di aver aiutato questo o quello
studioso. Chiaro, si tratta di un contributo di portata assai limitata giacché
il mutamento socio-culturale descritto è determinato dai modelli di
partecipazione sociale centrati sull'identità culturale come simbolo di status
che si sono imposti nella società globale attorno alle comunità istroromene. Per
cui possiamo dire che la disgregazione è il risultato del tipo di integrazione
proposta alle comunità istroromene. Si tratta di una deculturazione anticipata
(Merton, 1984}) in prospettiva di un futuro lavorativo, quindi
dell'emigrazione. Nel processo un ruolo particolare spetta alla scuola. La
scuola dell'obbligo diffonde la conoscenza del croato e la competenza nell'uso
scritto della lingua nazionale a spese della lingua materna, operando cioè con
una preliminare azione deculturalizzante nei confronti del patrimonio espressivo
e comunicativo dello scolaro. Identificandosi come minoranza linguistica, gli
istroromeni non nascondono il desiderio che la lingua materna della comunità
diventi materia di insegnamento e di studio nella scuola dell'obbligo e
rivitalizzi cosi, a partire dal linguaggio, tradizioni culturali e capacità
produttive. Quindi, per gli intervistati il rilancio socioeconomico delle
comunità istroromene è strettamele legato al loro rilancio culturale.
Quanto detto
fin qui porta alla conclusione che dal punto di vista etnolinguistico il modello
cognitivo-comportamentale dominante nelle comunità istroromene si avvicina molto
a quello che Canguilbem (1987) definisce come reazione catastrofica. Tale
reazione è strettamente legata ai condizionamenti ambientali ed ha inizio nel
momento in cui la comunità percepisce i cambiamenti che avvengono nell'ambiente
(industrializzazione e inurbamento) come una minaccia per la propria esistenza
poiché producono delle disfunzioni a livello comunitario (perdita dell'autarchia
economica e della capacità di autosostentamento). Dato che queste disfunzioni
iniziali non sono specifiche (non riguardano in concreto l'identità
etnolinguistica della comunità}, esse provocano una prima reazione generica
finalizzata alla mobilitazione di tutta la comunità, che adatta la sua
organizzazione alla difesa permanente. Alla reazione generica segue la creazione
dei meccanismi di resistenza specifica (conservazione dell'identità minacciata),
come se la comunità, dopo aver individuato la natura della minaccia
(assimilazione), adeguasse la propria difesa sulla base della dimostrata
sensibilità (rinuncia all'economia periferica, integrazione e conservazione
dell'identità). In tal modo l'adeguamento diventa una funzione fisiologica
all'interno del modello cognitivo-comportamentale comunitario (bilinguismo,
decentramento culturale). Solo comprendendo la portata e l'importanza dei
cambiamenti nel modello cognitivo-comportamentale delle comunità istroromene,
potremo capire la loro resistenza all'assimilazione, nonostante l'esiguità
numerica, e la loro struttura delle interazioni, a cui dedicheremo la parte
finale del saggio.
MATRICE COMUNICATIVA E LINGUISTICA DELLE COMUNITÀ ISTROROMENE
In questo
segmento ci limitiamo all'individuazione delle vedute normative che condizionano
nella coscienza dei parlanti l'uso dei due codici ampiamente diffusi del
repertorio comunitario: istroromeno e croato ciacavo. In questa fase preliminare
ci è sembrato sufficiente esaminare il processo di commutazione fra i due codici
per isolare i fattori che sono ad esso sottesi e le variabili più significative
che lo condizionano.
Per individuare
come la distribuzione funzionale dei due codici si configuri nelle valutazioni
degli intervistati ci siamo serviti della categoria di dominio di comportamento
linguistico come è stata definita da Fishman (1975). I domini socio-culturali,
definiti a livello socio-istituzionale (connesso alle sfere d'attività definite
sul versante antropologico) e a livello socio-psicologico (connesso alla natura
e ai tipi di rapporto intersoggettivi instaurati, definiti sul versante
socio-psicologico), facilitano, sulla base degli argomenti di interazione
comunicativa, le relazioni di ruolo che intercorrono fra i membri
dell'interazione e dei luoghi in cui essa avviene, l'analisi articolata di una
determinata comunità, permettendo di distinguere e al contempo connettere
comportamenti individuali e modelli comunitari.
Sulla base
della conoscenza diretta dell'ambiente, abbiamo isolato i seguenti domini:
lavoro, famiglia, amici, vicinato, villaggio, scuola, chiesa, pubblico,
intercomunitario.
La famiglia è
il fondamentale dominio d'uso dell'istroromeno, ma anche se nella comunicazione
familiare l'istroromeno è ampiamente diffuso, la famiglia ha un ruolo
determinante per l'incoraggiamento del bilinguismo (Milani Kruliac, 1990).
L'appropriatezza dei codici è regolata dalle relazioni di ruolo: con il/la
coniuge si usa l'istroromeno in misura non molto dissimile dai propri genitori
(eccezion fatta per i matrimoni misti), mentre nella comunicazione con i figli
si manifesta la tendenza a preferire il croato. I nostri intervistati sono
quindi impegnati in una continua commutazione di codice, che comporta un tipo
[62] specifico di bilinguismo dei figli in cui questi apprendono prima e meglio
la lingua "altra", come dimostrato dall'osservazione dei bambini, i quali
durante il gioco (quindi non presenti gli adulti) usano preferibilmente o,
meglio, esclusivamente il croato. La conoscenza almeno passiva dell’istroromeno
da parte dei figli ci è stata però dimostrata dagli informatori, eccezion fatta
per i figli dei matrimoni misti. In questi casi il partner alloctono di regola
spiegava il mancato bilinguismo dei figli con lo status dell'ìstroromeno: al
confronto con altre lingue (italiano, tedesco, inglese) agli intervistati
alloctoni l'istroromeno appare del tutto inutile, tanto che alcuni di essi
addirittura esprimevano dei seri dubbi cbe si trattasse di una lingua "vera e
propria".
Anche nelle
interazioni di lavoro che si svolgono nella comunità l'istroromeno è il codice
preferito dagli intervistati, in quanto legato all'economia tradizionale, mentre
nelle interazioni di lavoro che si svolgono fuori dalla comunità l'istroromeno è
quasi del tutto assente. Alcuni intervistati nei cui ambienti di lavoro sono
presenti altri appartenenti della comunità hanno precisato che il ricorso
ali'istroromeno è limitato e di solito è legato a contesti situazionali
colloquiali. Vale a dire che l'istroromeno viene usato in genere se non sono
presenti persone che non lo conoscono, mentre eccezionalmente viene usato in
loro presenza quando tale uso ha una precisa connotazione situazionale, tale da
non provocare feed-back linguistici o comportamentali negativi (Goffman,
1981). Quindi, anche in questo dominio la commutazione del codice è uno degli
elementi costitutivi della struttura delle interazioni. Nel dominio amicale, di
vicinato e di villaggio, l'istroromeno appare ancora il codice più appropriato
ad esprimere i valori di solidarietà e confidenza. Essi si configurano nelle
valutazioni degli intervistati come domini nei quali l'istroromeno è ampiamente
diffuso e in modo notevolmente costante. Nel dominio amicale l'istroromeno viene
usato anche nelle situazioni comunicative a cui prendono parte parlanti croato
conosciuti. Nella maggioranza dei casi questi parlanti (residenti in loco o
nelle comunità croate limitrofe) hanno almeno una conoscenza passiva
dell'istroromeno, sebbene essi di regola lo neghino, per cui l'uso
dell'ìstroromeno non è etnolinguisticamente e socio-linguisticamente marcato
(Filipi, 1990). Prova ne è il fatto che, secondo gli intervistati, la maggior
parte degli alloctoni-extraregionali residenti nelle comunità hanno appreso
l'istroromeno almeno in misura tale da poter ottemperare alle aspettative degli
interlocutori derivanti dai rapporti di solidarietà.
Nel dominio del
vicinato l'istroromeno è il codice che garantisce la continuità spaziale della
comunità e che definisce i suoi confini. Esso si configura particolarmente
importante nelle comunità a sud del Monte Maggiore in quanto determina la
divisione del comune catastale di Frassinetto in due parti, quella istroromena e
quella croata. Tutti gli intervistati erano in grado di definire con precisione
fin a quale casa a Frassinetto si parla l'istroromeno, ma nessuno di loro era in
grado di esplicare la natura di questo confine. Ci sembra ragionevole supporre
che la definizione del confine della comunità poggi proprio sulla continuità dei
vicinato: gli intervistati considerano come parte della comunità quel territorio
in cui non vi è un'interruzione di comunicazione in istroromeno, e non appena
tale interruzione si verifica (nei comune catastale citato per l'appunto),
questo territorio non viene più considerato parte della comunità (anche se vi
sono presenti parlanti istroromeno).
Nel dominio del
villaggio l'istroromeno è ancora il codice che meglio esprime i rapporti
comunitari, anche se subisce una forte concorrenza del croato. L'uso
deli'istroromeno in questo dominio è intaccato da tutta una serie di fattori di
ordine antropologico e sociopsicologico. Esso è sicuramente il più complesso
quanto alla regolazione del comportamento comunicativo dei singoli. L'uso
dell'ìstroromeno nel dominio del villaggio non poggia soltanto su rapporti di
solidarietà e di confidenza, ma implica anche altri criteri di scelta del
codice. Così, ad esempio, nel dominio che abbiamo definito pubblico, nella
comunicazione il partner è percepito come soggetto di un ruolo specifico, per
cui è presente nel dominio la necessità di una verbalizzazione più esplicita e
di un maggior rispetto delle norme imposte dalla cultura dominante, per cui
ogniqualvolta nella comunicazione si presentino elementi ed argomenti che non
fanno parte del mondo istroromeno, i parlanti ricorrono al croato.
La situazione
si ribalta completamente a favore dei croato nelle autovalutazioni relative alla
sfera istituzionalizzata, quella dei domini scolastico ed ecclesiale. Il dominio
scolastico si configura nelle valutazioni degli intervistati come un dominio
d'uso del croato in cui l'istroromeno non è presente neanche come registro
basso. Gii intervistati spiegano la reticenza dei ragazzi ad usare l'istroromeno
con l'atteggiamento dei compagni di scuola croati. Da questo punto di vista gli
intervistati lamentano il fatto che le scuole in loco (sia a Seiano che a
Susgnevizza) sono chiuse e che i ragazzi devono frequentare le scuole nelle
vicine località croate (Mune Grande e Cepich). Anche il dominio ecclesiale è
croato, sebbene i sacerdoti, a detta degli intervistati, abbiano una competenza
passiva dell’istroromeno nonché sono in grado di pronunciare in istroromeno
qualche preghiera. Nelle valutazioni degli intervistati il dominio viene però
considero molto meno importante da quello scolastico giacché il prete ha perduto
il ruolo della massima autorità del paese.
I! dominio
intercomunitario, anche se i rapporti vengono mantenuti su un piano
prevalentemente personale, piuttosto che transazionale, è un dominio d'uso del
croato. Per quanto riguarda l'uso delle diverse varietà al di fuori della
comunità o con persone che della comunità non fanno parte, i dati più rilevanti
forniti dagli intervistati sono che parlano in croato in tutte le occasioni tra
gli sconosciuti e che nei luoghi d'incontro all'interno della comunità se
presenti parlanti "altri" parlano in croato. È interessante notare come per i
nostri intervistati la riduzione dell'uso dell'istroromeno nelle sfere relative
ai domini pubblico e intercomunitario non si configuri connessa a limiti di
funzionalità interni al codice, ma venga piuttosto motivata sulla base di scelte
casuali e abitudini individuali. Inoltre, salta agli occhi la sovrapposizione
dei due codici del repertorio e la situazione di continua commutazione fra di
essi.
CONCLUSIONE
Quindi, da un
punto di vista macro-sociolinguistico il raporto tra l'istroromeno e il croato è
un rapporto di diglossia, ma è una strana diglossia quella in cui nativi
istroromeni apprendono da bilingui tardivi la lingua bassa. A paragone della
conclamata universalità della parlata, così come vuole il mito della fedeltà
alle origini, le percentuali in termini d'uso e di comprensione della lingua
sono basse tra i parlanti più giovani. Da questa analisi preliminare abbiamo
notato che i comportamenti di lealtà linguistica, con coerenza fra uso e
positività di atteggiamento, si verificano maggiormente nel gruppo della
popolazione attiva. Oggi l'istroromeno si configura come il linguaggio di una
esigua comunità profondamente minacciato dalla convivenza con il croato. Il
croato è universalmente insegnato nella scuola, alla quale negli ultimi decenni
si sono aggiunte la radio e la televisione. Tutto ciò ha messo in crisi il
modello tradizionale di apprendimento linguistico in famiglia. L'apprendimento
dell'istroromeno avviene per le giovani generazioni successivamente, o, nel
migliore dei casi, contemporaneamente a quello del croato, in una situazione in
cui i genitori usano in modo intercambiabile entrambi i codici nello stesso
contesto. È diffusa tra i membri adulti della comunità la convinzione che sia
utile insegnare il croato alle giovani generazioni come prima lingua. È
generalizzata l'opinione di aver facilitato in questo modo l'inserimento dei
figli nella scuola prima e nel mondo del lavoro poi.
BIBLIOGRAFIA
- Allan G.A. (1979), Sociologia della parentela e dell'amicizia, Loescher,
Torino.
- Bertoša M. (1989), Zlikovci i prognanici. Libar od Crozda, Pula.
- Caillé (1988), La mitologia delle scienze sociali, Bollati Borjnghieri,
Torino.
- Canguilhem C. (1987), Nornialno in patolosko,
Studia Humanitatis, ŠKUC - Filozofska fakulteta, Ljubljana.
- Edwards {1985), Language, Identity, Society,
Basii Bleckwell, Oxford.
- Filipi G. (19901, "La koinè istriana", in Lingue
e culture in cornano. Atti del 1 convegno internazionale, Pola.
- Fishman J. (1975), La sociologia del
linguaggio, Bulzoni, Roma.
- Geertz C. (1988), Antropologia interpretativa, il Mulino, Bologna.
- Goffman E. 11981), Comunicazione in pubblico, Bom-piani, Milano.
- Heraud C. (1966), Popoli e lingue d'Europa, Ferro, Milano.
- Hymes D. (1981), Etnografija komunikacije, BICZ, Beograd.
- Mendras H. {1 986), Seljačka društva, Clobus,
Zagreb.
- Merton R. (1984), Uvod u socìologiju, CKD,
Zagreb.
- Milani Kruljac N. (1990), La comunità italiana
in Istria tra bilinguismo e diglossia, CRS-UPT, Rovigno-Trieste.
- Saraceno C. (1990), La sociologia della
famiglia, il Mulino, Bologna.
|