Approfondita e documentata ricerca di
Antonio Dianich sull'istroromeno Della zona di Briani pubblicata dalle
Edizioni ETS (Siena, 200 pagine)
Recupero di una varietà
linguistica e culturale
Un vocabolario che fa conoscere le
genti che abitavano le alture circondanti la Piana d'Arsa e nel
versante occidentale del Caldiera
PISA – Il “Vocabolario istroromeno-italiano. La
varietà istroromena di Briani (‘Bəršćina)” di Antonio Dianich (Edizioni
ETS, Pisa 2011, 200 pagine, 20 euro), stampato con un contributo del
Dipartimento di Linguistica “Tristano Bolelli” dell’Università di Pisa,
è molto più di un semplice dizionario, seppur completo e valido. Per la
ricchezza di dati certificati – indubbiamente è il coronamento di uno
sforzo di ricerca protrattosi a lungo – sarebbe quasi più opportuno
parlare di “monografia”, di un’ampia raccolta che fa conoscere tanti
aspetti, spesso inediti, del folklore contadino, degli usi e costumi,
della storia (antica e recente) della semplice e buona gente che
abita/abitava le alture circondanti la Piana d’Arsa e sul versante
occidentale del filone del Caldiera.
Gli istroromeni, minuscolo gruppo linguistico
dell’Istria, della cui storia non è certo quasi nulla eccetto le
dolorose vicende dell’ultima guerra, che hanno provocato una loro
drammatica diaspora, abitavano sulle colline intorno al lago di Felicia,
ora, dopo la bonifica avvenuta negli anni ‘30, splendente vallata ai
piedi del Monte Maggiore: una piccola povera ma felice arcadia, l’hortus
conclusus della loro vita e della loro particolare parlata romanza. Ma
ormai le vecchie case di pietra, un tempo spesso coperte da tetti di
paglia, sono occupate da gente venuta da fuori: solo alcuni anziani, che
sono rimasti perché non hanno avuto cuore di allontanarsi, parlano
ancora il vetusto idioma.
LA COLONIA NELLA GRANDE MELA
Per un miracolo della storia, sopravvive a New York
una piccola colonia,
anch’essa destinata all’esaurimento. “L’unica cosa che potevo fare, era
recuperare dalla mia memoria e da quella dei contadini diventati a forza
cittadini di una metropoli, i relitti di un funesto naufragio. Questo
libro vuol essere un archivio di quanto ancora sopravvive della cultura
degli ultimi istroromeni e specialmente della loro (e mia) lingua
moritura. Ma esso è anche un ‘piccolo viaggio sentimentale’ nella mia
autobiografia, un’elegia sulla fine di un mondo, del nostro mondo
istroromeno”, premette l’autore.
UN VOLUME RIVOLTO A TUTTI
“Questo vocabolario è stato scritto non solo per gli
studiosi accademici dell’istroromeno, e non solo perché costituisca un
archivio quanto più esaustivo di una lingua in via di rapida estinzione
– precisa Dianich, ma soprattutto perché gli istroromeni che ancora
sopravvivono nel mondo possano essere loro i primi a consultarlo e a
confrontarlo con le proprie abilità linguistiche e con la lingua che
ogni giorno ancora usano in famiglia, ritrovando forse in esso qualcosa
della loro storia e della loro cultura.”
INTERESSSE PER LE LINGUE A RISCHIO DI ESTINZIONE
Come mai un volume di questa natura? Risponde Roberto
Ajello nella prefazione, quando spiega che da tempo ormai si è venuta
creando, anche al di fuori degli ambienti accademici, “una sensibilità
diffusa per le deleterie conseguenze della sempre più frequente
scomparsa di varietà linguistiche e di saperi, culture, interpretazioni
del mondo che in queste lingue solevano essere espressi”. Ecco, allora,
che diventa fondamentale sì comprendere il fenomeno in tutta la sua
ampiezza e gravità, ma soprattutto cercare di immaginare piani di
intervento e strategie per la salvaguardia di questo patrimonio ormai a
rischio. “Il minimo che il linguista avvertito può fare è offrire almeno
una descrizione delle varietà linguistiche agonizzanti e possibilmente
tratteggiare anche alcuni pochi aspetti della cultura che muore o è
morta già e sopravvive solo nella memoria di una generazione declinante.
Questo ho cercato personalmente di fare nella mia età matura
limitatamente a lingue-culture minoritarie molto distanti da qui,
incastonate nel cuore occulto dell’Africa. Ma di lingue-culture
devastate e morenti ce ne sono anche a due passi da qui, e il presente
volume di Antonio Dianich, che ho voluto includere come attività del
Dipartimento di Linguistica di Pisa in una ideale ‘collana’ di studi sul
tema delle lingue in via di estinzione, ne è preziosa testimonianza.
L’autore, parlante nativo di quella lingua che i linguisti chiamano
istro-romeno e i parlanti designano come ‘vlwaški’, ha con tenera
passione e nostalgia struggente ‘rievocato’ il suo idioma materno,
circoscritto ad una piccola parte del territorio istro-romeno,
sottraendolo all’oblio in cui sta per scivolare in conseguenza dei folli
eventi con cui la Grande Storia, come è solita fare, ha marchiato a
sangue questa popolazione”, conclude Ajello, professore di linguistica a
Pisa. A disposizione del Ministero degli Affari Esteri italiano, Roberto
Ajello è stato inviato per attività di missione in Somalia dal
Compartimento per la cooperazione allo sviluppo; è stato altresì membro
della commissione tecnica che ha coadiuvato l’Organizzazione non
governativa “New Humanity” per la ricostituzione dell’Università di Phom
Penh in Cambogia a partire dal 1995.
I CONTENUTI
La pubblicazione contiene, oltre al vocabolario
istroromeno-italiano, un’accurata bibliografia, la tavola sinottica dei
toponimi, i nomi di case e agrotoponimi, riferimenti alla storia
dell’area, agli aspetti della vita di paese. Ma si possono ritrovare
capitoli di indubbia curiosità anche per il pubblico più vasto, attratto
da tutto ciò che contribuisce a ricreare e ritrovare il senso più
autentico della vita di queste genti. Ci sono così riferimenti a streghe
e stregoni, ai ritmi e alle cantilene che accompagnavano la
quotidianità, ma anche quelle “pillole di saggezza” popolare che sono i
detti e i proverbi, nonché le barzellette.
L’AUTORE
Antonio Dianich è un istroromeno nato a Fiume nel
1933. Nel 1948 ha dovuto abbandonare il suo paese. Si è laureato in
Lettere Antiche all’Università di Pisa e alla Scuola Normale Superiore.
Ha sempe insegnato italiano e latino nei licei italiani, anche in quelli
di Madrid e di Istanbul. Attualmente è in pensione: vive a Pisa, ma ha
scritto questo libro tra gli olivi della Casa di Cimitagna, sulle
pendici di un altro Monte Maggiore, dove cresce e produce ottime prugne
un albero che i genitori portarono con sé dall’Istria, quand’era solo un
germoglio con due piccole pallide foglie.
Barbara Rosi
Tratto da:
- https://www.edit.hr/lavoce/2011/110405/cultura.htm
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