|
L’istroromeno: Alcuni aspetti del contatto con il croato
© Antonio Dianich
[Tratto da: © Orizonturi culturale italo-române / Orrizonti Culturali
Italo-Romeni. Rivista interculturale bilingue -
http://www.orizonturiculturale.ro/it_studi_Antonio-Dianich-2.html]
1 settembre 2015
Ho già scritto qualcosa (vedi bibliografia) a proposito dell’istroromeno, che i
parlanti nativi chiamano vlwaški (vl. d’ora in poi). Si tratta di
una lingua neolatina dell’Istria, trasmessa fino ad oggi solo oralmente.
Dall’Ottocento in poi, alcuni studiosi ed eruditi, specialmente romeni, hanno
cominciato a visitare le zone in cui la lingua si parlava ed a trascrivere i
testi orali che man mano ascoltavano dai parlanti. È facile capire come i primi
testi trascritti siano più volte imprecisi sia per la variabilità delle pronunce
sia per le incertezze dell’alfabeto. [1
Una comunità di contadini e pastori, che parlavano questa lingua, si era
stanziata in Istria (ora Croazia) forse già prima del secolo XV, o perché
fuggita dai Balcani di fronte ai Turchi, o anche per altre ragioni. Dagli
alloglotti essi venivano chiamati vlahi, esonimo che per lo più essi
rifiutavano per se stessi, mentre invece si servivano di denominazioni derivate
dai toponimi dei loro villaggi: nel XVII secolo è testimoniato anche il termine
Rumeri. [2] D’altronde la sfera semantica del termine
vlahi è molto più vasta, e nel Medio Evo comprendeva non solo le popolazioni
latinizzate dei Balcani, ma anche altre popolazioni della stessa regione,
comprese sotto la denominazione di Magna Vlahia. [3]
La continuità della lingua
Questo gruppo linguistico, che a metà dell’Ottocento pare fosse ancora
abbastanza numeroso in Istria (forse 3000 parlanti), con il tempo è andato man
mano assottigliandosi, fino a ridursi ai pochi minuscoli villaggi di oggi
situati a ovest del Monte Maggiore [4]. Esso tuttavia era
riuscito per secoli, nell’isolamento in cui viveva, e sebbene non fosse
supportato né da una tradizione scritta né da un qualsiasi altro tipo di
istituzione culturale, a conservare la propria lingua, esito estremo, insieme
con gli altri “dialetti” romeni, della latinità balcanica [5],
nonostante fosse a stretto contatto con popolazioni che parlavano altre lingue,
e soprattutto dialetti istriani slavi e italiani: ma il contatto linguistico,
specie con lingue slave, iniziato d’altronde molto precocemente già nelle terre
d’origine fin dal VII secolo, in una lingua minoritaria come questa, aveva dato
luogo, oltre ad un diffuso bilinguismo (e plurilinguismo) per la necessità di
interagire con le popolazioni circostanti, anche ad intensi fenomeni di
mescidanza, stimolati dal fatto che, mentre la lingua d’uso quotidiana era
sempre il vl., in realtà sotto l’Austria, che sosteneva
apertamente la croatizzazione dell’Istria interna, l’amministrazione, la scuola
(quando esisteva) e la chiesa erano croate, come poi sono state italiane sotto
l’Italia a partire dal 1918 [6], e di nuovo croate dopo
l’occupazione da parte della Jugoslavia comunista nel 1945. Fu questo evento che
provocò la diaspora della piccola comunità in tutto il mondo, con gravi
conseguenze linguistiche, sociali, culturali.
Da recenti informazioni avute dall’Istria, risulterebbe che i parlanti colà
rimasti non superino la quarantina a Žiʹywan, e la settantina nei
villaggi meridionali [7]. È estremamente difficile calcolare
quanti siano i parlanti nel mondo, anche perché spesso si tratta di persone o
famiglie isolate: forse arrivano a 500/600 unità, ma c’è chi pensa ad un numero
molto inferiore. Paradossalmente è a New York che vive la comunità più numerosa,
forse meno di 300 persone, per necessità plurilingui, come lo sono anche sia
quelle disperse nel mondo sia quelle rimaste in Istria. Spesso è persino
difficile dire qual è la vera lingua d’uso nelle famiglie istroromene sparse nel
mondo, e persino in quelle rimaste in Istria, perché anche in casa si parlano
almeno due lingue: ormai sono frequenti i matrimoni misti e le nuove generazioni
molto spesso non conoscono la lingua.
Aspetto e azionalità
Il vl. ha continuato a vivere fino ai giorni nostri, ma da secoli, come
ho già accennato, aveva subito un profondo processo di mescidanza specie con
parlate slave dell’Istria, e in particolare con i dialetti croati ciakavi. Forse
non è azzardato dire che il grado di compenetrazione tra croato e vl.
avrebbe in ogni modo portato, in un lasso di tempo più o meno lungo, ad una
lenta dissoluzione del vl. a favore del croato istriano, e tuttavia il
danno maggiore sta avvenendo sotto i nostri occhi nella dispersione dei parlanti
nel mondo a causa degli eventi successivi alla seconda guerra mondiale.
Il contatto linguistico con il croato non si è limitato al prestito di elementi
del lessico, ma ha riguardato anche elementi importanti della struttura
morfosintattica. Tra gli stessi prestiti lessicali, colpisce l'alta frequenza
dei verbi: il verbo però non costituisce un elemento periferico della frase e
della lingua, anzi ne rappresenta il nucleo. Il passaggio per prestito di forme
verbali già di per sé indica che il processo di contaminazione tra le due lingue
era ed è piuttosto avanzato.
Un indice molto evidente delle conseguenze del prolungato contatto con lingue
slave è offerto dalla presenza in vl. di prefissi e infissi verbali,
presi dal croato, per esprimere sfumature azionali-aspettuali del verbo, con
valori praticamente identici a quelli del croato; anche in vl. infatti,
la prefissazione verbale segnala l’aspetto perfettivo in contrapposizione
all’imperfettività dei verbi di base senza prefisso, come pure anche i valori
azionali istantaneo VS durativo, nonché quello iterativo o continuativo e quello
inversivo. Ma ciò che è più importante sottolineare è che questi morfemi non
solo entrano in vl. insieme ai verbi slavi a cui sono originariamente
legati, ma si uniscono autonomamente anche a radici verbali latine, intaccando
la matrice stessa della lingua.
Al contrario la lingua romena, alla cui famiglia neolatina naturalmente il
vl. appartiene, pur avendo ricevuto anch’essa molti prestiti da lingue
slave, non conosce l’aspetto verbale espresso mediante prefissi o infissi o
altre forme diverse (eccetto che in una piccola zona del Banato), ma lo segnala,
come l’italiano, attraverso tempi diversi e non per morfemi specifici. È vero
che anche in romeno i prefissi verbali sono molto numerosi e produttivi, ma i
verbi a cui sono legati derivano dal latino insieme al loro specifico prefisso e
non esprimono valori aspettuali. [8]
Le lingue slave invece hanno sviluppato sistematicamente l’opposizione
aspettuale imperfettivo VS perfettivo, e per lo più mediante prefissi. È molto
significativo, quindi, che diversamente dal romeno, il vl. presenti lo
stesso fenomeno. [9]
Prefissi ed infissi verbali
In vl. i verbi con prefisso preso da lingue slave sono molto numerosi.
Nel corpus lessicale del mio Vocabolario (v. bibliografia), che vuole fissare il
vl. parlato a ʹBəršćina prima dell’esodo (anni ‘45/’55 circa),
prendendo in considerazione solo i verbi che formano coppia con un verbo di base
corrispondente, ricaviamo che, su circa 300 verbi prefissati, sono di origine
latina circa il 10%.
I prefissi verbali sono numerosi e molto produttivi, ed in vl.
teoricamente possono unirsi a qualsiasi verbo, anche con improvvisazioni
idiolettiche estemporanee. Essi sono do-, ne-, o-/ob-, od-, p-/po-/pod-/pot-,
pri-, pro-, re-/res-/rez-, s-/z-/ze-, ecc. e si presentano con poche
varianti fonetiche rispetto a quelli croati.
Il prefisso po-, pod-, pot-, che prendo a titolo di esempio,è uno
dei più produttivi, e può essere collegato a moltissime radici verbali, con
diversi valori delimitativi e in particolare quello perfettivo e completivo.
In vl. questo prefisso viene frequentemente impiegato con radici slave,
per lo più con lo stesso valore che ha in croato:
- be'ri/pobe'ri, raccogliere/raccogliere tutto (cr. pobirati);
- berea ʹzərnele di-mprevwale, raccogli i chicchi da terra;
- mek pobeʹri ʹwovale din kokoʹšwar, vado a raccogliere le uova dal
pollaio;
- dig'ni/podig'ni, alzare/sollevare (cr. podignuti);
- pəra se digʹnea, il pane sta lievitando;
- podigʹnea ʹzwalika ča kantrida, solleva un po’ quella sedia;
- rezʹbi/porez'bi, rompere/fracassare (cr. porazbijati);
- rezbiya čwa če tekniya, rompeva ciò che toccava;
- porezbit-a twot ən kwasa, ha fracassato tutto in casa.
Ma il fatto più significativo è il suo frequente impiego anche con radici
latine:
- fu'rwa/pofu'rwa, rubare/svaligiare (lat. furari, rom.
a fura);
- twatsi furu de nwopte, i ladri rubano di notte;
- lj-a pofuʹrwat twot din štwala, gli hanno rubato tutto dalla stalla;
- maritwa-se/pomaritwa-se, sposarsi (detto della donna) (lat.
maritare,
rom. a mărita);
- s-a mariʹtwat dupa ʹfrwatele lu Twone, si è sposata con il fratello di
Antonio;
- ʹfeatele din sela s-a twote pomariʹtwat, le ragazze del villaggio si
sono sposate tutte;
- učide/poučide, uccidere/sterminare(lat. occidere, rom.
a
ucide);
- s-a uʹčis ən kwasa, si è ucciso in casa;
- ʹnuškara bwole poučis-a galjirle, una qualche malattia ha sterminato le
galline.
Qualche altro esempio: kaʹdea/pokaʹdea,cadere (lat. cadēre > cadĕre),
kukwa-se/pokukwa-se, sdraiarsi (lat. se collocare);
skunde/poskunde, nascondere (lat. abscondere); sur'bi/posur'bi,
sorbire, (lat. sorbere);vinde/povinde, vendere (lat. vendere),
ecc.
Il vl. ha preso in prestito dal croato anche l’infisso -av-/-iv-,che
esprime in ambedue le lingue il valore azionale iterativo/continuativo del
verbo: nell’infinito esso è seguito dalla desinenza ossitona -ey (-aʹvey/-iʹvey);
anche questo infisso, oltre che in temi verbali slavi, è presente pure in verbi
che derivano dal latino:
- čiʹrwa/čiraʹvey, cenare/cenare solitamente (lat. cenare, rom.
a cina);
- kən vets čiʹrwa?, a che ora cenerete?;
- ən veara čiraveyan pre balaʹdur, d’estate usavamo cenare sul terrazzo;
- štepʹtwa/šteptaʹvey, aspettare/aspettare più volte (lat.
expectare,
rom. a aștepta);
- šteptwat-a ʹfrwayaru ma nw-a veʹrit, ha aspettato il fidanzato, ma lui
non è venuto;
- saka damareatsa šteptaveya koriyera, ogni mattina aspettava la
corriera;
- tremeate/tremetaʹvey, mandare/mandare spesso (lat. transmitto,
rom. a trimite);
- tremes-am listu, ho spedito la lettera;
- ywa saka zi tremetaveya fečworu-n butiga, lei ogni giorno mandava a
chiamare il medico.
Qualche altro esempio: bea/beʹvey, bere/bere abitualmente (lat.
bibere); dwa/da'vey, dare/dare sempre (lat. dare);
vinde/vindaʹvey, vendere/andar vendendo (lat. vendere);trwaže/traga'vey,
condurre/portare ripetutamente (lat. trahere); žu'kwa/žuka'vey,
ballare/ballare frequentemente (lat. iocari), ecc.
Talvolta la radice verbale può presentare un’alternanza fonetica:
- ziče/zikaʹvey, dire/andar dicendo (lat. dicere, rom.
a zice);
- ć-am zis ke nu štivu nič de čwa, ti ho detto che non so niente di
quella faccenda;
- ʹnwarodu zikaveya ke nu-y ʹistina, la gente andava dicendo che non era
vero;
- meare/megaʹvey, andare/andare spesso (lat. mergere
[10], rom. a
merge);
- ren meare saʹpwa kumpiru, andremo a zappare le patate;
- megaveya saka šetimwana-n Rika, andava tutte le settimane a Fiume;
- spure/spunjaʹvey, raccontare/continuare a raccontare (lat.
exponere,
rom. a spune);
- spus-a twot kun-a fwost fešta, ha raccontato tutto, come è stata la
festa;
- nwono spunjaveyt-a la fwok čuda ʹštworiye, il nonno usava raccontare al
fuoco molte storie.
Qualche altro esempio: pure/punja'vey, mettere/usar mettere (lat.
ponere); ve'ri/vinja'vey, venire/venire spesso (lat. venire):
plənže/plənga'vey, piangere/piangere tutte le volte che… (lat. plangere),
ecc.
Anche il prefisso re-, res-, rez-, s-, pure
esso di origine slava, può unirsi a verbi derivati dal latino con valore per lo
più inversivo:
- le'gwa/rezle'gwa, legare/slegare (lat. ligare, rom.
a lega);
- legwat-am ʹtərsurle-n Galačiya, ho legato le viti in Galacia
(agrotoponimo);
- de nwopte rezleʹgwan breku, di notte lasciamo libero il cane;
- ənkljide/reskljide, chiudere/aprire (lat. claudere, rom.
a
închide);
- ənkljide uša ku ključu, chiudi la porta con la chiave;
- meʹžen, ke prevtu reskljis-a baʹsearika, andiamo, che il parroco ha
aperto la chiesa;
- kər'kwa/reskər'kwa, caricare/scaricare (lat. tardo
carricare,
rom. a încărca);
- s-a kərʹkwat ku brenta pljira de wapa, si è messa addosso la brenta
piena d’acqua;
- reskərkwat-a bərsa de kumʹpir dispre sire, si è tolto di dosso il sacco
di patate;
Qualche altro esempio: ənkatswa-se/reskutswa-se, mettersi le
scarpe/togliersi le scarpe (lat. *incalceare/*discalceare);
kərʹgey/reskərʹgey, caricare/scaricare (lat. tardo carricare),
ənmeʹtswa/rezmeʹtswa, imparare/disimparare (lat. Invitiare [11]), ecc.
Anche gli altri prefissi sono molto produttivi: alcuni esempi con verbi dal
latino: nemuyže, prf. di muyže, mungere (lat. volg. *mulgĕre <
class. mulgēre, rom. a mulge); oblinže, prf. di linže,
leccare (lat. lingere, rom. a linge); priklje'mwa, iter. di
klje'mwa, richiamare (lat. clamare, rom. a chema); zedur'mi,
prf. di dur'mi, addormentarsi (lat. dormire, rom. a durmi)
ecc.
La diaspora
Altri numerosi fenomeni di mescidanza con il croato si possono osservare nella
morfosintassi istroromena. Il contatto secolare con lingue slave, ed in
particolare con il croato, ha contribuito a modificare notevolmente il carattere
neolatino di questa lingua. E tuttavia non è questa la principale causa per cui
la lingua è oggi in grave pericolo di estinzione. Le vere cause sono altre: è
vero che l’annessione alla ex Jugoslavia ha portato con sé una ulteriore pesante
croatizzazione della lingua, alle volte forzata e programmata; però è stato
l’instaurarsi di un regime comunista nelle zone occupate, con il suo seguito di
uccisioni, persecuzioni e miseria, che ha prodotto un esodo massiccio della
popolazione istroromena, e non solo, dall’Istria, provocando la perdita del
contesto naturale in cui nei secoli si era evoluta la lingua; così, nelle più
diverse parti del mondo, ma anche in Istria, le giovani generazioni non hanno
potuto continuare la tradizione linguistica delle famiglie, perché l’ambiente
socio-culturale si è radicalmente modificato: la lingua è rimasta retaggio dei
vecchi, che naturalmente sono andati man mano scomparendo. Quando l’ultima
persona capace di parlare la lingua sarà morta, potremo dire che la lingua è
morta. Quando ciò avverrà è difficile dire, ma temo che non si tratti di
aspettare molti decenni. Per questo è indispensabile, finché si può, raccogliere
ogni testimonianza della lingua e della cultura di questa comunità, perché ne
rimanga almeno il ricordo.
Antonio Dianich
Note
- Vari sono i sistemi di trascrizione usati dagli studiosi: il mio metodo si
può trovare in forma semplificata nell’articolo già pubblicato su questa stessa
rivista (anno IV, n. 6, giugno 2014), e più dettagliatamente nel mio Vocabolario
(v. bibliografia). Per lo più segno in corpo più piccolo le semivocali w
ed e nei dittonghi ascendenti wa, wo, ea perché sono
flebili nella pronuncia, e talvolta svaniscono: ma qui per motivi redazionali
sono in corpo normale.
- Vedi: F. Ireneo della Croce, Historia antica, e moderna: sacra, e profana
della città di Trieste, ecc., Venezia MDCXCVIII, libro IV, cap. VII, pagg.
334-335.
- Vedi: Joannis Lucii, De regno Dalmatiae et Croatiae libri sex,
Francofurti MDCLXVI, libro VI, cap. V De Vlahis, pagg. 281-286.
-
Essi sono a nord Žiʹywan (it. Seiane, cr.Žejane), a sud
Sušʹnjevitza (it. Valdarsa, cr. Šušnjevica), ʹNwoselo (it. Villanova,
cr. Novavas), ʹBəršćina (it. Briani , cr. Brdo), e altre località minori.
Tra la lingua del nord e quella del sud ci sono varianti che non impediscono
tuttavia una discreta intercomprensibilità: piccole varianti si osservano anche
tra le parlate dei villaggi del sud. Come negli altri miei scritti, anche qui mi
riferisco alla variante del vl. che si parla (o si parlava) nel villaggio
di ʹBəršćina, dove è nata mia madre (mio padre era di Sušʹnjevitsa).
Anche in seguito qui userò i toponimi originali istroromeni.
- Il latino balcanico presenta notevoli problemi e divergenze di opinione tra
gli studiosi: v. per es. Emanuele Banfi, Storia linguistica del sud-est
europeo ecc., Milano 1991.
- È notevole però il caso della scuola italo-romena di Sušnjevitsa,
aperta negli anni 1921-25 dal governo italiano con il titolo di “Traiano
Imperatore”, ed affidata ad Andrei Glavina, che era un giovane di Valdarsa che
aveva studiato in Romania: purtroppo la scuola si chiuse con la morte prematura
del maestro nel 1925. Rimangono alcuni brevi testi da lui scritti in vl.
-
Dati provenienti da Viviana Brkarić, che nella scuola croata di
Sušʹnjevitsa ha creato un insegnamento elementare facoltativo di vl.
(e non di romeno!), con una dozzina di scolari. A Žiʹywan è attivo
promotore della lingua Robert Doričić. I due volontari sono supportati da
Zvjezdana Vrzić, New York University. Sempre a New York, Marisa Ciceran ha
raccolto un gran numero di documenti e testimonianze nel suo sito in internet
(v. bibliografia).
- Sono grato all’amico prof. Petru Neiescu, dell’Università di Cluj, per le
precisazioni che mi ha gentilmente fornito a questo proposito.
-
In italiano l’aspetto differenziato come nelle lingue slave non esiste, e
questo può creare qualche difficoltà nella traduzione, specialmente di esempi
brevi non contestualizzati, come quelli del presente contributo.
-
Per
l’etimologia, vedi I.A. Candrea Hecht - Ov. Densușianu, Dicționarul
etimologic al limbii române. Elementele latine, s.v. 1080 merge,
București 1907-1914.
- Per l’etimologia, vedi I.A. Candrea Hecht - Ov.Densusianu cit., s.v. 895
învăța.
Bibliografia essenziale
- Cantemir, Traian, Texte istroromîne, București 1959
Dianich, Antonio,
Vocabolario istroromeno-italiano. La varietà istroromena di
Briani (ʹBəršćina), Pisa 2011
- Dianich, Antonio, ʹNušte de ʹnwarodu č-a gaʹneyt ʹvlwaški-n ʹBəršćina
(ʹIstriya). Qualcosa sulla gente che parlava l’istroromeno a Briani
(Istria), in Societas et universitas, Studi e memorie in onore di don
Severino Dianich (a cura di M. Gronchi e M. Soriani Innocenti), Pisa, 2012
- Frățilă, Vasile – Bărdășan, Gabriel, Dialectul istroromân. Straturi
etimologice, Timișoara 2010
- Frățilă, Vasile, Dialectologie românească (sud- și nord-dunăreană),
Cluj-Napoca 2014
- Kovačec, August, Istroromunjsko-Hrvatski Rječnik (s gramatikom i tekstovima),
Pula 1998
- Maiorescu, Ioan, Itinerar in Istria și Vocabular istriano-român,
București 1900; (traduz. ital. di Pantazescu, Elena, Itinerario in Istria e
vocabolario istriano-romeno, di Ioan Maiorescu, Trieste 1996
- Morariu, Leca, Lu frați nostri. Libru lu Rumeri din Istrie. Cartea Romînilor
din Istria. Il libro degli Rumeni istriani, Suceava 1928
- Neiescu, Petru, Dicționarul dialectului istroromân, vol. I, A-C,
București 2011 (volumi successivi in corso di elaborazione)
- Pușcariu, Sextil, Studii istroromâne (în colaborare cu M.Bartoli, A.
Belulovici și A.Byhan), București 1906, 1926, 1929
|
Main Menu
Created:
Wednesday, September 16, 2015, Last Update:
Saturday, May 14, 2022
Copyright © 1998 IstriaNet.org, USA |
|